Francesco Davide Ragno (Università degli Studi di Bologna)
Lo scorso aprile, è apparsa su una delle principali piattaforme di streaming la serie argentina L’Eternatuta. Si tratta di una riproposizione del fumetto scritto nel 1957 da Héctor Germán Oesterheld (con disegni di Francisco Solano López) e pubblicato dal settimanale Hora Cero e, poi, apparso sulla rivista Gente in una nuova versione rielaborata nel 1969. Un fumetto che fino ad ora ha avuto per lo meno quattro vite. La prima, quando venne pubblicato per rappresentare una realtà distopica: a seguito di una “strana nevicata” capace di sterminare l’intera popolazione di Buenos Aires, un unico uomo, Juan Salvo si avventura, con soluzioni di fortuna, alla ricerca della sua famiglia. In questo lungo viaggio dai tratti omerico-danteschi, il protagonista si imbatte in coloro che sembrano essere i responsabili di questa sciagura, degli scarafaggi extraterrestri che si comportano come un esercito. Salvo si converte, quindi, in un eroe solitario, una sorta di don Chisciotte i cui mulini non sono a vento ma reali robot.
Ben presto, la realtà distopica rappresentata nel fumetto sembrò all’autore capace di veicolare anche immagini realistiche di un’Argentina fustigata da colpi di Stato o minacce di golpes civico-militari. Ed ecco la seconda vita della storia: pur molto meno fantasioso, il fumetto fu riscritto con l’intento di descrivere allegoricamente la quotidianità dell’Argentina dell’epoca. La qual cosa, senza dubbio, faceva il paio con l’idea che il Paese fosse spaccato e diviso in due entità che, in forma manichea, rappresentavano il bene e il male. Un’Argentina scissa e percorsa da profonde fratture: gli avversari politici erano il male da estirpare a difesa dell’essenza della nazione e della fantomatica Argentinidad. Era l’Argentina rivoluzionaria a cui si opponeva quella della dottrina della sicurezza nazionale, rappresentata dai militari al potere. Questo ‘realismo distopico’ diventò sempre più evidente quando, nel 1977, Oesterheld (che nel frattempo era entrato nel gruppo peronista rivoluzionario dei Montoneros) scomparve come uno dei numerosi desaparecidos che avrebbero puntellato l’intera parabola dell’ultimo regime autoritario argentino. Oesterheld, insomma, sulla propria pelle sembrava aver vissuto l’esperienza raccontata nel suo fumetto.
Giungiamo così alla terza vita della storia, molto più recente: nell’agosto del 2010, un gruppo di giovani che animavano lo spazio politico peronista ha utilizzato la figura dell’Eternauta per rappresentare il proprio leader politico di riferimento, l’allora ex Presidente della Repubblica, Néstor Kirchner. Pochi mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, Kirchner scomparve improvvisamente e il titolo del fumetto, per celebrare la memoria del leader, si trasformò in Nestornauta. Icasticamente Néstor e il corrispettivo Nestornauta incarnavano la generazione rivoluzionaria degli anni Settanta che il movimento kirchnerista pretendeva di riabilitare e riportare al centro della scena politica. Per certi aspetti, la creazione del mito del Nestornauta non era altro che l’ennesimo tassello della costruzione del discorso politico kirchnerista intorno alle questioni della memoria sull’ultimo regime militare.
Quella della serie è, allora, senza ombra di dubbio la quarta vita dell’Eternauta. Cast d’eccezione, regista di primo livello (che già in passato aveva dato mostra di grandi abilità) ed un’ulteriore torsione della narrazione. L’eroe Juan Salvo, infatti, è diventato un veterano della guerra delle Falklands/Malvinas del 1982 (che all’epoca aveva rappresentato il ‘canto del cigno’ del regime militare) e le avventure successive alla nevicata causano violenti e repentini passaggi in flashback che riportano a quella tragica esperienza. Il successo della serie è innegabile: per molte settimane è stata la serie in lingua spagnola con più visualizzazioni su Netflix ed è già in programma una seconda stagione. Ma la domanda è la nuova vita dell’Eternauta rappresenta, come in passato, un’allegoria della politica e della società argentina di questi tempi? La risposta potrebbe essere salomonica: un po’ sì e un po’ no. Per meglio dire, l’Eternauta coglie nel segno quando racconta non l’Argentina di stretta attualità, ma quella più profonda, intima, con il suo irrazionale zigzagare quotidiano. Emerge, allora, la tensione tra l’egoismo più becero di coloro che rubano alimenti e generi di prima necessità per sopravvivere e la generosità di coloro che si uniscono per lottare contro un comune nemico, che all’inizio sembra essere sconosciuto: «Nadie se salva solo» (nessuno si salva da solo) dice una delle più ricorrenti frasi pronunciate nella serie. Vi è poi un coté di natura politica che emerge tra le righe: quello della relazione tra il leader messianico e la massa. Da un lato c’è Juan Salvo, leader carismatico che ha tutte le competenze e le capacità per poter «salvare» il proprio popolo, dall’altro la comunità che, solo se si comporta da monolite, riesce a «salvarsi»: emerge, dunque, l’idea di un ossimorico ‘eroe collettivo’, un eroe che aspira a trasfigurare l’intera collettività. Vi è poi una questione culturale e, in particolar modo, la relazione tra passato e presente. «Lo viejo funciona» (le cose vecchie funzionano) dice ripetutamente uno dei co-protagonisti e, per parte sua, Salvo invita a non perdere la speranza nel futuro. Per poter raggiungere, insomma, un avvenire radioso, c’è un forte bisogno di tradizione. Il futuro carico di speranze e il passato pieno di valenti esperienze sono le uniche armi in grado di strozzare un mostruoso presente. Si tratta del ‘presente’ dell’Argentina di Milei? Forse! Siamo di fronte a una novità per la cultura politica argentina? Assolutamente no! Piuttosto, è l’eterno ritorno dell’idea di ‘passato mitico’ da ricostruire per salvare il popolo e la nazione dall’imminente abisso.