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Teheran: viaggio all’inferno, andata e ritorno!

di Stefano Battilana

Il punto esclamativo sul ritorno del titolo è d’obbligo, perché da non molto è stata annunciata la nuova serie di Teheran, fiction di spionaggio sulle orme del Mossad nella capitale del male, per contrastare il programma nucleare iraniano. Quindi, visto il successo delle prime due serie, di cui qui parleremo, Apple TV ha annunciato il varo della terza serie, con un partecipante di eccezione, l’attore Hugh Laurie, il famoso Dr. House, che ha lanciato un modello indimenticabile di telefilm. Alla seconda serie ha partecipato anche Glenn Close, altra icona hollywoodiana di grande richiamo, che aveva affiancato l’attrice protagonista Niv Sultan, nei panni di un’agente sotto copertura di origini iraniane, nella Teheran sotto il tallone di ferro dei Guardiani della Rivoluzione. Ma andiamo con ordine, perché tutto comincia quando in realtà le cose sono già cominciate, quando le posizioni in campo, Mossad contro Pasdaran, sono già delineate da tempo, le truppe avverse, più o meno segretamente, sono sul terreno e la battaglia nel campo di Agramante si svolge incessantemente e con alterne fortune.

Intendiamoci, chi voglia leggere in Teheran una testimonianza della lotta di opposizione contro l’attuale Polizia morale, tanto tristemente famosa dopo l’uccisione della ragazza curda Masha Amini, solamente perché non aveva indossato correttamente il velo, resterà deluso: un conto è la lotta al nucleare bellico iraniano, un altro è l’opposizione al regime. Certo, nella fiction le due cose giocoforza si incrociano, quasi a prevedere le proteste del 2022 e la feroce repressione che ne è seguita: l’obiettivo esclusivo rimane comunque la distruzione del programma di arricchimento nucleare, la cosiddetta “Bomba iraniana”. In realtà, siamo più dalle parti di un avvincente romanzo di spionaggio, Mossad, una notte a Teheran, di Michael Sfaradi, piuttosto che della cronaca appassionata e militante di Mariano Giustino su Radio Radicale.

Teheran, megalopoli di 10 milioni di abitanti, è una realtà urbana tentacolare, popolata in gran parte di giovani, divisi fra gli ottusi Bassigi, gli attuali collaborazionisti della famigerata Polizia morale (istituita, per un avvitamento teocratico del regime, solo nel 2005) i quali sono l’espressione più fanatica e retrograda dell’oscurantismo e altri studenti, che parrebbero assai più numerosi, moderni e non conformisti, che si muovono spesso ai limiti e oltre la legalità, ma soprattutto maneggiano con grande disinvoltura i  canali social, vero ganglio vitale dell’opposizione al regime. Eppure, questo modo di combattere gli Ayatollah si incontra solo tangenzialmente con lo spionaggio israeliano, giusto sul dark web, appunto, nelle struggenti figure dei due protagonisti, lui studente di informatica che vive di espedienti, lei agente del Mossad, hacker espertissima, belli, bellissimi tutti e due e destinati ad amarsi, ché il romanticismo sempre vuole la sua parte.

Se è vero che spesso la fiction precede la cronaca, se non addirittura la storia, allora questa serie, che si svolge in una capitale in parte terrorizzata in parte collusa coi Pasdaran, ci mostra già quanto è accaduto dopo, con le manifestazioni ferocemente represse dell’autunno caldo 2022 e il Regime del Male alleato di Putin e dei nordcoreani. Siamo dalle parti di Fauda, che nella sua quarta serie si trasferisce nel Libano degli Hezbollah filoiraniani, a recuperare un capo del Mossad, tradito in modo infingardo e rapito nella Bruxelles multietnica. Del resto, l’autore è lo stesso della serie di spionaggio israeliano, Moshe Zonder, il tono è lo stesso: la grande cappa di orrore che circonda e trascina i personaggi in un gorgo. Fare la spia o l’infiltrato è cosa brutta, lo scopo è morale ma i mezzi sono orribili e agghiaccianti, non si guarda in faccia a nessuno, né all’onore né all’amicizia, neppure alla lealtà, solo a una gesuitica e militare obbedienza, che trasforma i protagonisti in Re Mida del sangue, chi li tocca muore e nessuno sarà sepolto con onore.

Eppure, in questa tragedia shakespeariana c’è spazio per l’amore, la famiglia, un’Iran migliore, l’azione, persino l’ironia, una strepitosa e sensualissima sigla iniziale e l’eroismo quasi fumettistico che traspare nel nome che i due protagonisti sono si dati sul web: Shakira e Sick Boy. In conclusione, tutto da vedere assolutamente, su Apple TV, otto più otto puntate, da divorare come le migliori serie di spionaggio, girate in una Atene super urbanizzata e a tratti fatiscente, la miglior location di Teheran che si potesse trovare fuori dall’Iran, in cui, però e per ovvi motivi, ancora non è arrivata la fiction dell’Occidente.

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